Il tempo appeso a un filo: il piennolo del Vesuvio


🌋 Quando il tempo si ferma sotto il Vesuvio

Ci sono luoghi in cui la tradizione non è solo memoria, ma resistenza culturale. Sulle pendici del Vesuvio, ogni estate, si ripete un rito antico: grappoli di piccoli pomodori rossi — dolci, resistenti, brillanti — vengono legati a mano con spago di canapa e appesi a stagionare, come si faceva con l’uva o i peperoncini.

È il piennolo, una delle immagini più poetiche e identitarie della cucina campana. Non solo un metodo di conservazione, ma un simbolo: di pazienza, di territorio, di amore per la terra.

Chef Nunzio Saviano tiene in mano un grappolo di pomodorini del piennolo del Vesuvio in un ambiente rustico, simbolo della tradizione campana.

🧭 Un pomodoro che viene da lontano

La sua buccia spessa e la polpa compatta lo rendevano perfetto per resistere ai mesi freddi senza bisogno di conserve, bottiglie o refrigerazione. Una forma di sopravvivenza diventata oggi cultura.

Il piennolo è arrivato da molto lontano. Introdotto in Italia dopo la scoperta delle Americhe, ha trovato nel terreno lavico del Vesuvio il suo habitat ideale. Il nome stesso — “a piennolo” — descrive il modo in cui veniva conservato pendente, appeso per l’inverno in ambienti asciutti e ventilati.

🌱 Dalla lava, un concentrato di sapore

A fare la differenza è la terra nera del Vesuvio: un suolo arido ma ricco di potassio e microelementi, capace di concentrare zuccheri e acidità nei frutti.

Il risultato? Un pomodorino dalla sapore esplosivo, intenso, profondo. Una buccia coriacea che racchiude un cuore dolce, leggermente agrumato, perfetto sia da crudo che in cottura. È un pomodoro che ha carattere, come la gente che lo coltiva.

✋ Una filiera di mani e saperi

La coltivazione del piennolo segue ancora i ritmi e i gesti di un tempo. Si semina tra marzo e aprile, si raccoglie solo a mano — tra luglio e agosto — e poi si intrecciano i grappoli in ‘ncoppiate, grandi mazzi rotondi da appendere in cucina, nei sottoscala, nei fienili.

Non si butta via nulla. Ogni grappolo è un piccolo archivio di memoria, un’opera agricola collettiva che mette insieme abilità, pazienza e rispetto della stagionalità.

🛡️ Una DOP che racconta il territorio filiera di mani e saperi

Nel 2009 il piennolo è diventato ufficialmente un prodotto DOP, a tutela della sua unicità e del suo legame profondo con l’ambiente vesuviano.

Il disciplinare è rigoroso: delimitazione dell’area, tecniche manuali, varietà autoctone, nessuna irrigazione artificiale e raccolta solo a maturazione piena.

Una tutela che protegge la biodiversità e rafforza la voce dei piccoli produttori, veri custodi di questo patrimonio.

🍝 Non solo ingrediente: un racconto nel piatto

Il piennolo non è un semplice pomodoro da sugo. È una narrazione che si mangia, un sapore che porta con sé tutto il Sud: la terra, il calore, il sacrificio.

In cucina è un ingrediente versatile, che si esprime al meglio con preparazioni semplici: pasta, pizza, pesce azzurro. Ma anche in proposte contemporanee, sa farsi notare.

Quando lo uso nei miei piatti, so che sto lavorando con un pezzo di storia. Non va stravolto, solo accompagnato.

La Ricetta